Amazon tax, i cittadini rischiano la beffa I Così sarà impossibile risparmiare acquistando online
Amazon è un’azienda statunitense di commercio online fondata a metà anni novanta del secolo scorso da Jeff Bezos.
L’azienda iniziò con un altro nome e come libreria. Poi il suo fondatore la ribattezzò in Amazon, dal nome del Rio delle Amazzoni. Scelse di utilizzare il nome di questo fiume per evocarne il bacino idrografico.
Il piano aziendale non prevedeva di fare profitto per i primi 4-5 anni, e alla fine degli anni novanta la società crebbe più lentamente di molte altre compagnie. Amazon raggiunse il primo periodo di profitto nel quarto trimestre del 2002. Da allora rimase sempre in attivo.
I ricavi continuarono a crescere grazie alla diversificazione dell’offerta e la presenza sul mercato internazionale. Il sito si espanse velocemente offrendo nuove sezioni per nuove linee di prodotti di svariate tipologie e rendendo possibile ai clienti di recensire i prodotti dopo averli acquistati.
Una parte delle vendite viene dagli affiliati al sito, ovvero i venditori indipendenti che ricevono una commissione per indirizzare i clienti che poi acquisteranno dal sito di Amazon attraverso i link sui loro siti. Amazon è stata la prima a usare questo sistema di referenti. L’idea è stata poi copiata da molti altri siti di commercio elettronico.
Pronta a sbarcare in Consiglio dei ministri, è in arrivo la “Amazon Tax”,
La “Amazon Tax” è la tassa in discussione nell’esecutivo Meloni. In realtà non riguarda direttamente Amazon. O, forse, questa non sarà nemmeno scalfita da questa tassa. Infatti, queste piattaforme hanno dimostrato ottima resistenza a queste tassazioni. La misura in questione, non riguarda Amazon in sé, ma riguarda le consegne a domicilio fatte con mezzi inquinanti. Un modo per il governo di incentivare gli acquisti fatti con altri mezzi, con meno impatto ambientale. O magari a piedi, nei negozi del quartiere, così da favorire i piccoli esercenti.
Quindi questa tassa nascerebbe per incentivare il commercio di prossimità, a discapito del commercio online. E qui sorgono i primi due problemi. Non colpendo Amazon in modo diretto, la tassa colpirebbe i corrieri che consegnano a domicilio. In più su Amazon sono presenti decine di migliaia di piccoli e medi esercenti italiani, che vendono in Italia e all’estero i loro prodotti.
Per il presidente del Consorzio Netcomm, Roberto Liscia, questo è duro colpo al settore dell’e-commerce che in Italia è in forte crescita. Secondo alcuni studi fatti dal Consorzio, infatti, questo settore ha un impatto del 19,2% sulla crescita di fatturato del totale delle attività economiche italiane. Infine, studi fatti dal Politecnico di Milano hanno dimostrato che la consegna a casa o in punti di ritiro abbatte l’inquinamento del 20%.