Che Facebook avesse aggiunto le emoticon al proprio servizio social, cioè un complesso di faccine che dovrebbe specificare l’umore dell’utente affiancandosi al celeberrimo ma anonimo “mi piace”, non era certo una novità. Ma quante persone si sono effettivamente chieste cosa vi fosse dietro questa operazione? Solo un modo di rendere più accogliente e personalizzato un social, o qualcosa di ben più finalizzato? Più che di un servizio interattivo per utenti, infatti, potremmo parlare di una grande operazione di marketing.
Non solo libertà di comunicazione e di espressione, ma un modo di catalogare dati. Facebook analizza le preferenze per mezzo di algoritmi: sa cosa piace ad un utente e cosa non gli piace, e gli propone quello che pensa o prevede gli potrà fare piacere. Questo serve ovviamente a rendere l’esperienza di Facebook per l’utente migliore, e a mantenerlo sul social network.
Ma con le nuove emoticon, ogni utente regala a Facebook un feedback ancora più dettagliato su cosa pensa su una notizia. L’anonimo like o l’indifferenza è sostituito da un vero e proprio stato d’animo. Si regalano a Facebook un complesso di dati e di informazioni sull’utente del quale il social poi saprà fare un uso, logicamente, commerciale e logistico.