Se lavorare nel campo dell’informatica e dell’IT è la tua strada, Dublino è ciò che cerchi per la tua professione. Una ricerca approfondita dell’Aire (Anagrafe Italiana Residenti all’estero) ha calcolato che nella capitale Irlandese vivono almeno 12.000 italiani, ma secondo l’ambasciata si tratterebbe minimo di 20.000 persone, emigrate per cercare lavoro. Ciò che rende Dublino il paradiso degli informatici è principalmente il fatto che “non c’è bisogno di inviare curriculum”, come riportano alcune testimonianze “basterebbero le capacità, anche senza titoli di studio”. Cosa non meno importante la retribuzione, un italiano informatico guadagna nel nostro paese mediamente 1.500 euro al mese, mentre in Irlanda più del doppio, circa 3.400 euro. Altro fattore è l’ecosistema aziendale, più precisamente, le sedi delle grandi multinazionali. In Irlanda abbiamo le sedi europee di colossi come Google, Facebook ed Ibm, che hanno scelto l’isola di smeraldo proprio perchè la tassazione è più bassa rispetto agli altri paesi europei. Con numero così, è ovvio che quello di Dublino è un palcoscenico più che valido per tutti quelli che intendono lavorare nell’IT.
A confermare i dati dell’anagrafe si è “intromesso” anche LinkedIn, il noto social network dei lavoratori. Per circa sei mesi l’Italia è stata la nazione che ha mandato il maggior numero di professionisti in Irlanda. Proprio come Luca, 28 enne Pescarese ingegnere informatico, che è a Dublino da circa un anno per lavorare ad un progetto di sviluppo di piattaforme hosting. “Ero un neolaureato che non trovava lavoro perchè tutte le aziende cercano personale con esperienza, invece questa multinazionale mi ha subito accettato per quelle che erano le mie competenze”. Anche Alessandro ha lasciato il nostro paese per inseguire la sua passione, lui di anni ne ha 42 e trovare lavoro a questa età in Italia è impossibile, non in Irlanda dove è arrivato nel 2008, intenzionato a lasciare Firenze perchè non gli offriva nessuna crescita professionale. Luca invece, racconta che è stato contattato tramite LinkedIn per trasferirsi a lavorare in Irlanda direttamente da un cacciatore di teste dell’azienda di cui ora fa parte: “I numerosi curriculum che ho mandato non hanno mai ricevuto risposta, quindi ho sfruttato al balzo la chiamata e sono partito”. Queste sono solo poche delle tante testimonianze dei nostri informatici all’estero, tutte risorse di “casa nostra” che lavorano per arricchire altri paesi, come biasimarli dopotutto, “l’Italia non ci valorizza”, qualcuno è forse in grado di affermare il contrario?